lunedì 12 maggio 2008

Giornalismo d’inchiesta e pubblica delazione




di Gianbattista Tagliani


Sabato 10 Maggio 2008 gli spettatori italiani hanno avuto modo di assistere all’ennesimo esempio di giornalismo asservito ad interessi personali od a quelli della propria area politica di riferimento. Nel corso della trasmissione Che Tempo Che Fa, condotta abilmente e gradevolmente da Fabio Fazio, ospite il Puffo Untore Marco Travaglio, il neo eletto Presidente del Senato, Renato Schifani è stato oggetto di un attacco violentissimo e vigliacco.

Travaglio, che pare capace di non fare altro che inanellare una serie di accuse infamanti a cui è impossibile rispondere, sia per la velocità con cui le formula ma soprattutto perché il contesto in cui lancia il proprio grido è a dire poco “colluso”, si è impegnato strenuamente ad attribuire al Presidente Schifani relazioni con la mafia e frequentazioni da censurare. Il tutto senza che ovviamente fosse concesso il diritto di replica. Per altro è un canovaccio tipico del Puffo Untore, mentre il fido e maleducato scudiero Santoro, nel frattempo, gongolava.

Lo stesso era già accaduto in passato con regolarità e tenacia degne di ciclista scalatore. La settimana scorsa ho colto un passaggio grave e molto significativo mentre era in corso un indecoroso scambio verbale tra Travaglio e l’intemperante Sgarbi. Il Puffo Untore era tornato sul caso “Epurazione Biagi”, attribuendo logicamente (secondo la prospettiva di Travaglio) una condotta fascista all’attuale Premier ed ai suoi uomini. Sgarbi, con il suo inconfondibile stile da osteria ha contestato la veridicità delle affermazioni fatte invitando ( o forse sarebbe più corretto dire “urlando in faccia”) il Puffo Untore a dimostrare che quanto affermato corrispondesse alla verità. Ovviamente non è stato dimostrato e si è preferito far leva sull’emotività del pubblico che impulsivamente e spesso irrazionalmente si spacca in fazioni contrapposte e nemiche per senso di appartenenza all’una od all’altra. Al che lo Scudiero Gongolante Santoro ha dato sulla voce a Sgarbi intimandogli – Sono due correnti di pensiero, rispettale! – Vittorio Sgarbi a quel punto ha “sparato” affermando che non si può rispettare una corrente di pensiero se falsa o comunque fondata su menzogne. Questo passaggio dovrebbe far riflettere. E’ sufficiente dunque affermare qualsiasi cosa perché la si debba rispettare come una corrente di pensiero? Anche se poi si tratta di bugie od inesattezze?

È questo il giornalismo d’inchiesta all’italiana dunque. Qualcosa di molto diverso da come i colleghi stranieri interpretano il loro mestiere. In Italia non si cerca di scoprire mai nulla. Tanto con i “si dice” i “tanto lo sanno tutti” non c’è bisogno di accertare alcunché. E se per caso non siano ancora nate le “voci” basta mettersi davanti ad una telecamera e vomitare tutti gli insulti che passano per la testa nei confronti di chiunque. Tanto sono correnti di pensiero e pertanto si DEVONO rispettare. Questa presunta libertà d’espressione però finirà per travolgere prima o poi chi ne abusa. Ma soprattutto ha già delegittimato chi sarebbe preposto a vigilare. La magistratura è stata esautorata da quattro “quaquaraquà” diffamanti, che invece di impiegare mesi od anni ad indagare, dibattere in tribunale e poi giudicare l’imputato, in una quindicina di minuti linciano pubblicamente il “loro” imputato. Le forze dell’ordine idem. Ma va riconosciuto che questo sistema malato ha fatto si che le stesse istituzioni si rimettano alle conclusioni od alle indagini dei “quaquaraquà” diffamanti o di quei pochi colleghi che lavorano seriamente. Oramai è quasi prassi che le indagini che scottano siano avviate da Anno Zero, Ballarò, Striscia la Notizia, Le Iene e via dicendo. Questo ovviamente sollecitando la suggestione popolare “indirizza” anche l’attività investigativa. La pericolosità sociale o la gravità di un reato non si riscontrano nelle considerazioni di un magistrato ma nell’audience di una trasmissione.