giovedì 10 aprile 2008

"If we could"


di Gianbattista Tagliani

Iniziano tra poco le ultime 24 h di campagna elettorale.

Nelle scorse settimane i candidati premier si sono combattuti la visibilità mediatica che avrebbe dovuto permettere all’elettorato di fare una scelta consapevole che soprattutto non sfociasse in una situazione di stallo parlamentare come nel 2006. Chi più chi meno tutti hanno contestato la disciplina vigente in materia di comunicazione politica, rilevando le difficoltà e le limitazioni all’accesso ai mezzi di comunicazione.

Va riconosciuto che è stata una campagna piuttosto deludente e scarsa di contenuti. C’era molta attesa, soprattutto tra i comunicatori. Attesa delusa.

Veltroni che ha impostato la campagna sulla suggestione emotiva ha sbandierato (letteralmente) con cartelli, cartellini, manifesti ed eventi di piazza, la ventata di novità apportata dalla nuova formazione politica che guida, il PD. Ha puntato molto sull’accostamento con il suo collega USA Barak Obama ed ha aspirato ad un paragone con il presidente Kennedy.

L’intento è stato nobile e condivisibile. Gli Stati Uniti di ieri, quanto quelli di oggi, si trovano a cavallo di una fase di cambiamento “rivoluzionario”, contromisura indispensabile a contrastare il fantasma della recessione ed il rallentamento della produzione di beni ed idee.

Oggi Obama punta a risvegliare l’orgoglio del cittadino americano, stimolando la sfera fantastica e la proiezione nel futuro. Kennedy aveva solo abbozzato lo stesso tentativo (con modesti risultati per altro) .

La sua tragica fine ha poi determinato la nascita del mito e l’oblio sulle ripetute e pericolose esitazioni del proprio governo.

Obama non punta a nascondersi nel cono d’ombra del mito ma cerca di rinnovarlo e personalizzarlo.

Veltroni , non me ne voglia, sembra voler fare l’opposto. Lo slogan della campagna è la traduzione italiana di quello di Barak. Il formato di manifesti e cartelli è quello più diffuso negli States, perfetto per qualsiasi tipo di inquadratura televisiva o fotografia. Il modo ed il linguaggio pure sembrano essere ispirati , per non dire ricalcati sul collega americano.

Ma veniamo al nocciolo. Queste righe non vogliono essere una mera polemica dello stile comunicazionale scelto dal sindaco uscente di Roma. Anzi. Da appassionato di politica e da comunicatore, sono “incantato” dal modello che Veltroni sta cercando di importare nel Belpaese. Mi domando se questo modello però sia confacente all’elettorato a cui si applica. Se si considera antropologicamente la gens italica si potrebbe trovare l’orgoglioso spirito di comunità nazionale in pochi momenti della nostra storia. E ciascuno di questi momenti ha avuto come minimo comun denominatore, la contrapposizione. Gli Italiani si sono sentiti e comportati come tali sempre perché provocati al compattarsi contro qualcuno o qualcosa. Guelfi e Ghibellini, i Carbonari, i Partigiani….tutti accomunati dal fatto di esser nati ed aver agito come fenomeno di contrapposizione all’establishment o governo.

Veltroni non può fingere che anche oggi l’italiano medio oltre che essere disilluso e disincantato nei confronti della classe politica, si sente sollecitato e coinvolto solo se gli si propone una “battaglia”. Oggi contro pinco, domani contro pallino, purchè sia possibile erigere barricate ed elogiare martiri combattenti.

In questo contesto lo slogan ideale, più che “Yes we can” dovrebbe essere “If we could”.

Ad maiora!